Era un domenicano di circa settant'anni, esile ma diritto
nella figura. Mi colpirono i suoi occhi grigi, freddi, capaci di fissare senza espressione, e che molte volte avrei visto invece balenare
di lampi equivoci
, abile
sia nel celare
pensieri e passioni che nell'esprimerli a bella posta.
Nello scambio generale dei saluti, non fu come gli altri affettuoso o cordiale, ma sempre e appena appena cortese. Quando vide Ubertino, che già conosceva, fu con lui molto deferente
, ma lo fissò in modo tale da indurre in me un brivido di inquietudine
. Quando salutò Michele da Cesena ebbe un sorriso difficile da decifrare, e mormorò
senza calore: “Lassù vi si attende da molto tempo”, frase in cui non riuscii a cogliere né un cenno
d'ansia, né un'ombra di ironia, né un'ingiunzione
, né peraltro
una sfumatura
di interesse. Si incontrò con Guglielmo, e come apprese chi era lo guardò con educata ostilità
: ma non perché il volto tradisse i suoi sentimenti segreti, ne ero certo (anche se ero incerto se egli mai nutrisse sentimento alcuno), ma perché certamente voleva che Guglielmo lo sentisse ostile. Guglielmo ricambiò la sua ostilità sorridendogli in modo esageratamente cordiale e dicendogli: “Da tempo desideravo conoscere un uomo la cui fama mi è stata di lezione e di monito
per tante importanti decisioni che hanno ispirato la mia vita.” Sentenza senz'altro elogiativa e quasi adulatoria per chi non sapesse, come invece Bernardo sapeva bene, che una delle decisioni più importanti della vita di Guglielmo era stata quella di abbandonare il mestiere dell'inquisitore.
Umberto Eco. Il nome della rosa