E intanto il suo salario, sia pure di poco, era aumentato – anche perché il notaio stava vertiginosamente invecchiando, la vista gli mancava e la mano gli tremava, e in breve Simone gli era divenuto indispensabile. Ma, proprio perché poteva concedersi ora qualche agio in più, e non riusciva a evitare i più rinomati ristoranti di Torino (ah, la delizia
agnolotti
piemontese, per il ripieno arrosto di carne bianca, arrosto di carne rossa, manzo bollito, gallina bollita disossata, cavolo verza cucinato con gli arrosti, quattro uova intere, parmigiano reggiano, noce moscata, sale e pepe, e per il sugo il fondo di cottura
arrosti, burro, uno spicchio d’aglio, un rametto di rosmarino), per soddisfare quella che stava diventando la sua più profonda e carnale passione, il giovane Simonini in quei luoghi non doveva andare con abiti lisi; e dunque aumentando le sue possibilità aumentavano le sue esigenze.
Lavorando
notaio, Simone si era reso conto che costui non eseguiva solo lavori confidenziali per clienti privati ma che – forse per coprirsi le spalle
caso che aspetti
sua non lecitissima attività fossero venuti a conoscenza
autorità – forniva servizi anche a chi si occupava di pubblica sicurezza, perché talora, come egli si esprimeva, per far giustamente condannare un sospettato, era necessario presentare
giudici qualche prova documentale capace di convincerli che le deduzioni della polizia non erano campate in aria. Così era venuto in contatto con personaggi di incerta identità che passavano talora
studio, e che
lessico
notaio erano “i signori
Ufficio”. Che cosa fosse e chi rappresentasse questo Ufficio, non ci voleva molto a indovinare: si trattava di affari riservati di competenza
governo.
Umberto Eco. Il cimitero di Praga