La mia era una casa piena di gente. Quando ci
(riunirsi) per il pranzo
(sembrare) sempre che fosse Natale. A capotavola, a impartirci due volte al giorno la benedizione con l’acqua santa,
(piazzarsi) la nonna materna. Ci
(guardare) per un attimo con l’occhialetto, per controllare se
(essere) tutti attenti, e soprattutto se eravamo vestiti a modo, dopodiché biasciava in latino qualcosa che non sono mai riuscito a capire. Io, con la fame che
(ritrovarsi) a quell’età, non
(vedere) l’ora che finisse la preghiera per fiondarmi sui maccheroni.
Mia nonna era una vecchietta piccola di statura, ma così eretta nel comportamento da sembrare altissima: aveva i capelli argentati e un nastrino di velluto nero intorno alla gola. Alla sua destra
(accomodarsi) mio padre, mia madre e mia sorella Clara, e alla sua sinistra i miei quattro zii singles: zio Luigi, zio Alfonso, zia Olimpia e zia Maria. All’altro capo della tavola
(stare seduto) io e Rosa, la mia tata ciociara.
Alla nonna
(darsi) rigorosamente del ”voi”:
(essere) l’autorità indiscussa della casa.
Luciano De Crescenzo. Sembra ieri