Così in politica emozione batte ragione
Lo ha detto un personaggio dell’Ottocento, e forse se ne sono accorti tanti altri prima di lui: le ideologie hanno la loro importanza nelle competizioni elettorali, ma quel che più conta sono le emozioni. Il che significa che la gente ascolta ciò che gli oratori, legge i programmi faticosamente redatti dalle in causa, riflette quel che apprende, ma dà il voto, nel momento finale, secondo simpatie e antipatie: le emozioni, appunto. Più del programma, questo è vero, conta la faccia, il di fare, il comportamento, la simpatia che si è di suscitare. È anche stato detto, quando viene il di giudicare un oratore, che importa non quel che dice, ma come lo dice. E importa l’aspetto.
A me queste asserzioni piacciono, per varie ragioni. Confermano infatti che l’uomo, ho sempre sospettato, è un essere scarsamente razionale: ogni volta che noi dobbiamo prendere una decisione soppesiamo il pro e il , stendiamo l’elenco dei fattori positivi e negativi, facciamo e sottrazioni, ma poi decidiamo per chi votare, senza neanche conto, seguendo quelli che possiamo definire i moti dell’animo, le preferenze innate. Decidiamo per istinto, insomma, a fiuto, che sulla base di un ragionamento. Il che non significa, ovviamente, che si indovina. Il fiuto può sbagliare. Ma può sbagliare la razionalità.
Piero Ottone, “Il Venerdì di Repubblica”, 4 marzo 2005