Vidi Severino che radunava i porcai e
dei loro animali, con allegria. Mi disse che andavano
le falde del monte, e a valle, a cercare i tartufi. Io non conoscevo ancora quel frutto prelibato del sottobosco che cresceva in quella penisola, e sembrava tipico delle terre benedettine, vuoi a Norcia - nero - vuoi in quelle terre - più bianco e profumato. Severino mi spiegò cosa fosse, e
fosse gustoso, preparato nei modi più vari. E mi disse che era difficilissimo
trovare,
si nascondeva sotto la terra, più segreto
un fungo, e gli unici animali capaci
scovarlo seguendo
olfatto erano i porci.
, come lo trovavano, volevano divorarselo, e bisognava subito allontanar
e intervenire a dissotterrarlo. Seppi più avanti che molti gentiluomini non sdegnavano darsi a quella caccia, seguendo i porci come fossero segugi nobilissimi, e seguiti a
volta dai servi con le zappe. Ricordo
che più avanti negli anni un signore dei miei paesi sapendo che conoscevo l'Italia, mi
come mai aveva visto laggiù dei signori andare a pascolare i maiali, e io
comprendendo che
andavano in cerca di tartufi. Ma come io
a
che questi signori ambivano
ritrovare il”tartufo”
terra per poi mangiarselo, quello capì che io
che cercavano "der Teufel",
il diavolo, e si segnò devotamente guardandomi sbalordito. Poi l'equivoco si sciolse e
ridemmo entrambi. Tale è la magia delle umane favelle, che per umano accordo significano spesso, con suoni eguali, cose diverse.
Umberto Eco - Il nome della rosa